L’HIV è un virus. Quando se ne sente parlare, spesso lo si trova associato a sigle come AIDS, PEP, PreP o U=U. Cerchiamo di chiarire il significato di queste sigle partendo da un concetto chiave: la sigla HIV deriva dal nome scientifico del virus: Human Immunodeficiency Virus.
I virus hanno la capacità di entrare in una cellula, e utilizzare gli strumenti della cellula per replicarsi e infettare altre cellule. L’HIV attacca una cellula in particolare, chiamata Linfocita T CD4+. Ne abbiamo a miliardi nel nostro corpo, e il loro ruolo principale è quello di combattere le infezioni.
L’HIV produce un’infezione cronica, poiché il sistema immunitario non è in grado di eliminare il virus dall’organismo, e si replica all’interno dei linfociti fino ad arrivare, lentamente, a distruggerli.
Con pochi linfociti il sistema immunitario diventa seriamente compromesso, funziona male, per questo le persone immunodepresse si ammalano facilmente, perché vengono infettate da batteri e virus che per la popolazione generale sarebbero pressoché innocui. Visto che il sistema immunitario ci protegge anche dalle neoplasie, in caso di forte immunodepressione si possono sviluppare anche alcuni tipi di tumori. Questa situazione ha un nome specifico: è chiamata Sindrome da Immunodeficienza Acquisita, AIDS (dall’inglese Acquired Immunodeficiency Syndrome).
Una persona che ha l’HIV viene detta HIV positiva o PLWH (dall’inglese Person Living with HIV, persona che vive con HIV). Quando il virus si replica portando alla distruzione dei linfociti la persona HIV positiva diventa affetta da una sindrome chiamata AIDS, e quindi è definibile PLWA (dall’inglese Person Living with AIDS).
HIV e AIDS non sono sinonimi!
L’HIV è il virus, l’AIDS è la sindrome a cui porta l’infezione da HIV quando non diagnosticata e curata in tempo. Grazie alle moderne terapie antiretrovirali, che impediscono efficacemente la replicazione virale, le persone con HIV in trattamento non andranno mai incontro ad AIDS. Inoltre le persone con HIV in terapia regolare, raggiungendo e mantenendo una carica virale non rilevabile, non trasmettono il virus ai partner sessuali e possono sviluppare un progetto di genitorialità con serenità. La campagna internazionale che celebra questa evidenza scientifica, ovvero il rischio zero di trasmissione, è #UequalsU (Undetectable = Untransmittable).
Trasmissione del virus
In una persona con HIV non in trattamento il virus è in attiva replicazione. Copie del virus sono presenti in alcuni (ma non in tutti) i liquidi corporei e in diverse concentrazioni:
- Sangue
- Sperma
- Latte materno
- Fluidi vaginali
La trasmissione avviene quando il virus raggiunge i linfociti T CD4+. Questi linfociti sono presenti maggiormente nel sangue ma sono distribuiti, anche se in più piccola parte, tra le cellule delle mucose.
Affinché la trasmissione avvenga ci sono quindi 3 variabili da considerare:
- Carica virale (quantità di copie del virus, possono variare in base al tipo di fluido o allo stadio dell’infezione)
- Porta d’entrata (la presenza di una lesione o microlesione che faciliti l’ingresso del virus)
- Tempo (quanto più a lungo avviene il contatto maggiore è la possibilità di infettare)
Va da sé quindi che le principali vie di infezione sono: rapporti sessuali, uso comune di siringhe o da madre a figliə durante la gravidanza, il parto o l’allattamento.
Come ben sappiamo, esistono molte pratiche sessuali e non tutte espongono allo stesso rischio tutti i partecipanti.
Sesso Orale
Nel sesso orale la persona che con la bocca stimola i genitali si espone a un rischio, ma non chi riceve la stimolazione. La saliva non costituisce una minaccia. Lo sperma al contrario può contenere una carica virale alta, ed ingoiarlo espone a un rischio. Anche quando l’eiaculazione avviene in faccia è importante evitare gli occhi, in quanto anch’essi sono una mucosa aperta e potenzialmente ricettiva per il virus. Ricevere sperma, in bocca o negli occhi, di una persona con HIV in terapia regolare, con una carica virale non rilevabile, non espone a HIV.
Sesso Penetrativo
Abbiamo detto che sia sperma che fluidi vaginali contengono copie del virus. Tuttavia vi sono alcune differenze nel sesso penetrativo. In via generale nella pratica penetrativa lə partner ricettivə è maggiormente a rischio rispetto allə partner insertivə.
Vi è anche una differenza rispetto al tipo di penetrazione pene-ano o pene-vagina.
La mucosa del retto è più fragile rispetto a quella della vagina, per cui più facilmente si potranno creare lesioni o microlesioni che permetteranno al virus di entrare.
Esistono inoltre alcuni fattori che possono aumentare ancor di più il rischio, come essere già affetti da altre IST (come clamidia o gonorrea). Fare sesso penetrativo con una persona con una persona con HIV in terapia regolare, con una carica virale non rilevabile, non espone a HIV, qualunque sia la pratica sessuale e i ruoli assunti.
Evoluzione dell’infezione
Una volta che il virus raggiunge la cellula bersaglio e comincia a riprodursi, diffondendosi rapidamente ai linfonodi e al sangue, l’infezione, se non curata, diventa sistemica. Dopo 2-6 settimane dal contatto si ha, di solito, l’apice dell’infezione acuta. La carica virale è molto alta, e di solito in questo periodo è presente una sorta di sindrome influenzale, con febbre o febbricola, mialgia, mal di testa, sintomi purtroppo molto comuni a altre infezioni e quindi non indicativi.
Questo periodo coincide con la sieroconversione, ossia, il momento in cui il sistema immunitario comincia a rispondere al virus producendo degli anticorpi. Questi anticorpi però non sono completamente efficaci, e riescono a “tenere a bada” il virus per del tempo, spesso anche per anni, fino a quando la replicazione andrà a indebolire così tanto il sistema immunitario da provocare la Sindrome da Immunodeficienza (AIDS).
Sintomi
I sintomi possono presentarsi da 2 a 6 settimane del contagio. Sono molto aspecifici e per molte persone l’infezione avviene in maniera totalmente asintomatica. Possono essere presenti, febbre o febbricola, mal di gola, mal di testa e sudorazione intensa.
Una persona può quindi non avere nessun sintomo per anche anni, anche per dieci anni, e nonostante questo avere una viremia alta, e quindi trasmettere il virus inconsapevolmente ai propri/alle proprie partner. Per questo, perché è impossibile sapere se si è positivə o meno, è così cruciale conoscere il proprio stato sierologico. E l’unico modo per farlo è appunto il test dell’HIV.
Diagnosi
Esistono molti centri e associazioni che offrono lo screening attraverso test rapidi. Sono test che danno una risposta in 20 minuti circa e funzionano con una sola goccia di sangue. Attualmente sono in commercio test di 3a e 4a generazione. La differenza? Il periodo finestra.
Purtroppo non esiste nessun test che mette in evidenza il virus subito dopo l’avvenuta infezione, esiste sempre un periodo di latenza che è chiamato appunto, periodo finestra.
I test di 3a generazione ricercano gli anticorpi, che vengono prodotti solo in una fase avanzata dell’infezione. Hanno quindi un periodo finestra di 90 giorni, questo significa che dovresti attendere 90 giorni dall’ultimo rapporto a rischio prima di effettuare un test di 3° generazione.
I test di 4a generazione o test combinati, che ricercano oltre agli anticorpi anche una proteina del virus HIV, hanno un periodo finestra di 30 giorni.
Ricorda che in caso di test rapido reattivo, bisogna eseguire un esame sierologico (un prelievo del sangue) per confermare la diagnosi. Qualora il risultato del test rapido fosse dubbio, il test va ripetuto.
Ricorda inoltre che per eseguire il test, nella maggior parte dei servizi, non serve ricetta medica, ma è gratuito e anonimo. Le persone straniere, anche prive di permesso di soggiorno, possono effettuare il test alle stesse condizioni del cittadino italiano. (D.Lgs 25 luglio 1998, n.286). Il risultato del test viene comunicato solo ed esclusivamente alla persona che lo ha effettuato.
E’ molto importante fare il test, ed oggi piú che mai è importante renderla una normale routine di cura di sé stessə, della propria salute e di quella dellə propriə partner.
Prevenzione
Cosa possiamo fare per prevenire il contagio? Abbiamo giá visto che ci sono pratiche che hanno un rischio maggiore di altre, e ci sono diversi metodi che ci permettono di diminuire il rischio.
Iniziamo prima di tutto col ribadire che una persona HIV positiva in terapia con antiretrovirali (ovvero in TasP, dall’inglese Treatment AS Prevention) e che abbia una carica virale non rilevabile, NON PUÓ TRASMETTERE L’HIV.
Per questo è importante fare il test. Non sempre però si è a conoscenza dello stato sierologico del partner, in questi casi condom e oral dam sono dei validi alleati. [Qui un approfondimento sui metodi barriera]
Un’alternativa valida e recentemente introdotta in Italia è la PrEP.
Per PrEP si intende Profilassi pre-esposizione, che prevede l’uso di alcuni farmaci antiretrovirali (gli stessi che si usano nel trattamento dell’HIV ma in dosaggio diverso) utilizzati in forma profilattica, ossia per prevenire un’eventuale infezione.
Le persone in PrEP possono assumere il farmaco tutti i giorni, così da essere sempre protetti, oppure “on demand” decidendo di rimanere protetti solo per alcuni giorni.
Per accedere alla PrEP è necessaria una visita ambulatoriale in un reparto di Malattie Infettive.
Molto importante per le persone in PrEP è fare dei test di screening regolarmente per le altre IST (Infezioni Sessualmente Trasmissibili), dato che la PrEP è efficace solo contro il virus dell’HIV. [vedi il nostro approfondimento sulla PrEP]
Un altro metodo che riduce il rischio di infezione è la PEP ossia, profilassi post esposizione.
In caso di un rapporto sessuale a rischio (ossia, senza usare protezioni) con un partner di cui non conosci lo stato sierologico, o in caso di rottura del condom o dell’oral dam… niente panico!
Puoi recarti ad un pronto soccorso, o informarti su quali sono i pronto soccorso che rendono disponibile questa terapia.
Anche in questo caso si tratta di farmaci antiretrovirali, in dosaggio elevato e che impediscono la replicazione del virus nelle prime fasi dell’infezione, riuscendo con un buon margine ad impedire quest’ultima.
La PEP è efficace fino a 72h dal rapporto, ed ha maggior efficacia se assunta nelle prime 24-48 ore.
Gestione
Al momento l’infezione da HIV è un’infezione cronica, non ci sono ancora cioè farmaci in grado di eliminare completamente il virus dall’organismo.
La terapia disponibile al momento, chiamata appunto TasP, permette, attraverso dei farmaci chiamati antiretrovirali, di sopprimere la capacità di replicazione del virus.
Il virus non si replica quindi, o si replica molto poco, al punto che le copie del virus nel sangue e negli altri fluidi sono talmente rare che non riescono nemmeno ad essere contabilizzate dai macchinari. Questo consente alle persone che vivono con HIV, che devono comunque sottoporsi a visite di routine, aderire correttamente alla terapia e seguire uno stile di vita più possibile sano, una vita e un’aspettativa di vita sostanzialmente uguale a quella delle altre persone.
Nel 2017 il CDC (Centro per il controllo e prevenzione delle malattie) basandosi su ricerche che duravano da 20 anni, ha stabilito che U=U, ovvero che Undetectable equivale a Untransmittable, ossia che le persone in terapia con carica virale non rilevabile, non possono trasmettere il virus. Sono cioè positive, perché la terapia non è una cura definitiva, ma non infettive. (https://www.cdc.gov/hiv/risk/art/index.html )
Conoscere il proprio stato sierologico è per questo fondamentale, perché se ci si scopre negativi si può continuare a prendersi cura della propria salute attraverso gli accorgimenti di safer sex, e se ci si scopre HIV positivə si può iniziare quanto prima la terapia, raggiungere lo status di viremia azzerata ed essere sicurə non solo di non ammalarsi ma anche di non rappresentare un rischio per lə nostrə partner sessuali. Come il Covid ci ha ricordato, siamo tuttə “sieroqualcosa”, l’importante è solo saperlo.
SCOPRI SEI MODI PER SCONFIGGERE LA SIEROFOBIA:
https://healthypeers.it/6-modi-per-sconfiggere-la-sierofobia/