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MESTRUAZIONI: un tabù senza fine

Non parlare di mestruazioni contribuisce allo stigma e alla discriminazione di genere. Non se ne parla mai abbastanza e quando se ne parla è soprattutto per temi economici (tampon tax in primis).

In una società patriarcale, binaria ed etero normata, che non ha ancora accettato che tra le persone vulvo dotate alcune sanguinino una volta al mese e non se ne vergognino, il concetto di avere il ciclo mestruale rappresenta un tabù. Questo stigma influenza l’immaginario collettivo condizionando negativamente la vita di milioni di persone.

In Italia nell’ultimo anno ne abbiamo sentito parlare solo perché il tema era legato a quello economico e cioè la tassazione degli assorbenti, mentre un altro esempio che restituisce in maniera chiara il contesto culturale in cui viviamo è il fatto che abbiamo dovuto attendere il 2017 prima che un’azienda avesse il coraggio di realizzare una pubblicità in cui il sangue è stato finalmente rappresentato da un liquido di colore rosso, invece dell’azzurro alieno degli spot precedenti.

E se ci pensiamo bene per molte persone ancora oggi le mestruazioni non hanno neppure un nome, “ho le mie cose” “giorni rossi” “ciclo” e tanti altre frasi vengono utilizzate per descrivere i giorni delle mestruazioni, ma da dove arriva questa resistenza e come facciamo a superare questo stigma? PARLANDONE.

Non parlare di mestruazioni contribuisce allo stigma e alla discriminazione di genere.

Ecco perché abbiamo scelto di parlare di alcuni contributi interessanti che arrivano dal mondo della cultura. Due libri che raccontano di superstizioni, pregiudizi, stigma e molto altro, il primo è di Marinella Manicardi, attrice e regista che sulle mestruazioni ha fatto uno spettacolo teatrale dal titolo Corpi impuri per il Festival della Filosofia di Modena, poi trasformato in libro. Il secondo è Questo è il mio sangue. Manifesto contro il tabù delle mestruazioni della giornalista francese Élise Thiébaut

Non parlare di mestruazioni contribuisce allo stigma e alla discriminazione di genere.

Perché ancora oggi le mestruazioni sono un argomento di cui ci si vergogna, che discrimina le persone vulvo dotate? Perché ci imbarazza così tanto il modo in cui funzionano i nostri corpi? E se fossero gli uomini ad averle? 

Per quasi quarant’anni, ossia per circa 2400 giorni, le mestruazioni accompagnano la vita di milioni di persone vulvo dotate. Eppure rimangono un argomento circondato da silenzio e vergogna. 

Perché abbiamo tanta paura di un processo naturale del nostro corpo? Come mai ci affrettiamo a nascondere nella borsa gli assorbenti quando capita di tirarli fuori per sbaglio? Perché bisbigliamo «mestruazioni» mentre siamo pronti a gridare insulti di ogni tipo? E quanto le superstizioni, le leggende, i non detti, hanno influito per secoli sulla discriminazione di genere?

Nel libro, la scrittrice Élise Thiébaut cerca di affrontare un argomento delicato e insospettabilmente accattivante.

Dei consigli di lettura non esauriscono certo la complessità di questo argomento, ma sono un primo piccolo passo per iniziare a tracciare una strada. 

Parlare apertamente di mestruazioni significa, per ogni persona, accedere a una nuova consapevolezza di sé, del proprio corpo e della propria identità.

Non parlare di mestruazioni contribuisce allo stigma e alla discriminazione di genere. Qui una galleria di donne che combattono il tabù con la loro arte.


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Non parlare di mestruazioni contribuisce allo stigma e alla discriminazione di genere.