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Grindr e la mascolinità tossica

DI GIULIA LAMPONI

Il mondo LGBT ha avuto il piacere di crescere di pari passo con l’innovazione tecnologica. Le app-meeting quali GrindrTinder e Wapa sono un modo come un altro per conoscere persone nuove, fuori dalla propria cerchia, sia per incontri casuali che per costruire vere e proprie relazioni amorose. Se da una parte riguardano la questione dell’amore liquido perpetrata da Zygmunt Bauman, dall’altra sono una spinta progressista verso la libertà sessuale.

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Ciononostante, si acuisce maggiormente la percezione del sé, non solo come individuo ma come parte di un gruppo sociale, gruppo che si considera affine al sé e risulta invece essere uno spazio di lotta.

Lo dimostra il progetto @grindrina, ideato da Vincenzo D’Ambrosio, nato su Instagram come valvola di sfogo a causa dei continui attacchi intra-omofobi (se così si possono definire) che molti utenti di Grindr vivono continuamente non solo online. Oggi la pagina raccoglie centinaia di testimonianze di quella che è una storia ripetuta, con continui attacchi mirati alla diversità di genere, che deve essere per antonomasia libera e priva di costrizioni sociali e culturali. Il luogo di fuga e di riscoperta del sé, diventa infine mira di attacchi violenti.

Come scriveva bell hooks: «il linguaggio è anche un luogo di lotta». Necessario è infatti ripensare il linguaggio queer. Ma ciò è possibile solo se, partendo dal principio, si decostruisce il concetto di mascolinità tossica.

L’amore per i bei ragazzi

Il concetto di pederastia nasce nel mondo antico; era usuale, infatti, che uomini maturi avessero rapporti con giovani adolescenti. D’altronde la parola pederastia è di derivazione greca, e significa proprio l’amore per i bei ragazzi. Questo tipo di rapporto era legato alla natura dell’uomo attivo, adulto, portatore quindi dei valori virili, e alla sensibilità del ragazzo, per forza di cose passivo, portatore quindi di valori femminei.

Questa specifica connotazione del rapporto omosessuale – sebbene non potesse essere definito tale in quanto è un termine contemporaneo – lo rendeva accettabile di fronte alla società. Non solo, lo rese accessibile fino alla prima metà del Novecento. Se da una parte i rapporti omoerotici erano banditi dalla legge, dall’altra, erano accettati se si trattava di rimanere ancorati al duplice ruolo di attivo e passivo.

L’amore per i bei ragazzi è incentivato dal Grand Tour. Nobili e alto-borghesi del Nord Europa si mettevano in viaggio per raggiungere i Paesi affacciati sul Mediterraneo. Il turismo fu infatti causa ed effetto del turismo omosessuale. Molti uomini colti raggiungevano l’Italia, culla della classicità, non solo per accrescere la propria educazione e le proprie esperienze personali al fine di diventare perfetti gentiluomini, ma anche per indagare la propria sessualità.

Ciò era possibile, per esempio, in Italia. Meta ricercata per ciò che era stata definita fonte di devianza dagli oppositori di queste pratiche, che ritenevano luoghi come Capri e Taormina nefandi e selvaggi.

L’amore per i bei ragazzi, a causa dell’industrializzazione e delle liberalizzazioni sessuali in Occidente, in periodo imperialista si spostò ancora più a Sud, sulla fascia Nord africana, tra la Tunisia, l’Algeria e l’Egitto. Definito come “vizio d’Oriente”, i rapporti omosessuali dettati dalle dinamiche della pederastia erano tutto sommato accettati nelle colonie. La figura attiva era naturalmente il conquistatore, portatore di valori prettamente maschili e progressisti, mentre la figura passiva era l’autoctono, selvaggio, arretrato, e perciò debole.

L’innovazione tecnologica, la cultura, l’educazione e gli studi genere, hanno naturalmente modificato questo assetto, provocando il cambiamento auspicato all’interno delle dinamiche tanto eterosessuali quanto omosessuali.

Ma il progetto @grindrina dimostra ampiamente quanto, in realtà, sia ancora lontana l’accettazione dell’Altro…

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