Poche cose hanno segnato la storia della comunità LGBTQIA+ attuale quanto l’arrivo dell’AIDS. In occasione di questo LGBT History Month vogliamo ripercorrere le tappe salienti di 43 anni di epidemia, per rendere omaggio alle milioni di persone che hanno perso la vita ma anche per celebrare le vittorie ottenute dall’attivismo attraverso un dialogo continuo con la ricerca e nella gestione della salute e della cura.
OGGI reclamiamo con orgoglio il diritto a una sessualità libera e informata! Proprio come abbiamo fatto IERI e come continueremo a fare DOMANI.
IERI
1981 | 1982 | 1983 | 1990 | 1991 |
1981
il 5 giugno il bollettino epidemiologico del “Centro per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie” di Atlanta segnala che tra ottobre e maggio in 3 diversi ospedali di Los Angeles si sono verificati 5 casi di polmonite grave da Pneumocystis Carinii in giovani maschi adulti. Poco dopo, il 3 luglio 1981, il New York Times annuncia al mondo che “41 giovani omosessuali tra New York e la California sono stati colpiti da una rara forma di cancro”. È l’inizio di un’isteria che da subito si lega a doppio filo all’omobitransfobia.
1982
Nascono la SFAF di San Francisco, la GMHC di New York e la APLA di Los Angeles, le prime organizzazioni nate all’interno della comunità LGBTQIA+ per fornire informazioni, supporto e servizi alle persone colpite dall’epidemia. È l’inizio di un’ecatombe che genererà all’interno della comunità una fortissima solidarietà, in contrasto allo stigma violentissimo che arriverà invece dal resto della società. Di fronte alla imperdonabile inadeguatezza delle istituzioni la community si auto-organizza.
1983
Una pietra miliare nell’attivismo HIV e LGBTQIA+ è la ‘Carta di Denver’, redatta a Denver, Colorado, durante la 3° Conferenza Nazionale sull’AIDS. In questo documento le persone con HIV/AIDS rivendicano il diritto a vivere o morire con dignità, ad avere voce in capitolo sui loro trattamenti e pieno accesso alle informazioni, mettono per la prima volta in discussione la verticalità del rapporto medico/paziente, rifiutano di essere ridotte alla loro diagnosi e le continue discriminazioni dovute a razzismo, orientamento, genere, stato sierologico o condizione economica.
“Condanniamo ogni tentativo di etichettarci come “vittime”, un termine che implica rassegnazione, e solo occasionalmente ci considereremo “pazienti”, un termine che implica passività e sottomissione. Noi siamo persone con HIV/AIDS”
I principi di Denver, 1983
1990
In Italia esce la pubblicità ministeriale dell’Alone Viola: l’infezione da HIV viene rappresentata attraverso una contagiosa aurea viola. I toni giudicanti e l’assenza di scene di sesso esplicito, fanno pensare che la trasmissione dell’HIV possa avvenire attraverso un semplice tocco e riguardi solo alcuni gruppi sociali. L’incalzante colonna sonora di quello spot e quella soluzione grafica segnano l’immaginario collettivo, e resteranno associati ad uno stigma che dura da decenni.
1991
Per ribadire in modo plateale che l’HIV si può trasmettere solo e soltanto attraverso sangue, sperma, liquidi vaginali e latte materno, l’attivista HIV positiva Rosaria Iardino e l’infettivologo Ferdinando Aiuti, decidono di darsi un bacio in bocca ed immortalare questo gesto simbolico. È un’azione che entra nella storia dell’attivismo HIV italiano, e che vuole sancire per sempre il fatto che in assenza di rapporti sessuali non protetti da condom, l’infezione da HIV non si trasmette con i baci. Ancora oggi, non prevedendo il nostro paese l’educazione sessuale nelle scuole, questa banale evidenza scientifica resta drammaticamente ignota a molte persone.
OGGI
1996 | Dicembre 1996 | 2002 | 2010 | 2023 |
1996
Arrivano le prime terapie efficaci. Alla XI Conferenza Internazionale AIDS di Vancouver si annunciano i clamorosi risultati ottenuti con la HAART (Highly Active Anti-Retroviral Therapy): è lo spartiacque che segna l’inizio dell’era contemporanea dell’HIV. Con questa terapia a 3 farmaci, contenente inibitori della proteasi o inibitori non-nucleosidici della trascrittasi inversa, l’infezione diventa controllabile.
A prescindere dai successi della ricerca l’epidemia di HIV/AIDS rimane una crisi politica: per permettere a tutto il mondo di accedere ai nuovi farmaci, far sì che le terapie siano adatte a tutti i corpi e non solo a quelli degli uomini bianchi, far prevalere il diritto alla salute sull’interesse dei colossi delle farmaceutiche, ci sarà bisogno di tutto l’impegno dell’attivismo. È l’inizio di una nuova fase di lotta.
1996
A Dicembre il Brasile diventa il primo paese a basso reddito a garantire l’accesso gratuito ai farmaci alle persone con HIV/AIDS. La disputa legale con Stati Uniti e casa farmaceutiche non si estinguerà mai, ma grazie alla pressione e alla collaborazione della società civile e delle organizzazioni, il Sistema Sanitario Nazionale riesce a delegare interamente la gestione ad organizzazioni internazionali esterne, come succedeva nel resto del Sud Globale.
Grazie all’efficacia del suo programma, che prevede la tenace contrattazione sui brevetti ma anche la produzione nazionale dei farmaci generici, il Brasile salva milioni di vite, sovverte ogni previsione epidemiologica, e segna un precedente fondamentale per il resto del mondo.
“Il successo del modello Brasiliano e la sua capacità di distribuire farmaci per l’HIV gratuitamente si basa su una doppia strategia: la negoziazione costante con i laboratori farmaceutici internazionali di una scontistica sui brevetti dei farmaci e la decisione di produrre localmente i propri antiretrovirali generici.”
René Daniel Decol, sociologo e giornalista scientifico sui temi della salute
* A Victory Over Patents: How Brazil has faced the HIV/AIDS challenge by René Daniel Decol
2002
In Olanda, ad Amsterdam, nasce il primo Checkpoint, un ambiente accogliente, non ospedaliero, gestito dalla comunità per la comunità, dove gratuitamente si effettuano test rapidi per l’HIV e ottengono counseling e informazioni grazie al lavoro dell3 peer, persone preparate ma alla pari. È un successo oltre ogni aspettativa, e la grande quantità di test effettuati contribuisce a un ingente abbassamento delle nuove infezioni e a raggiungere popolazioni chiave.
Uscire dagli ospedali – normalizzare la pratica del test come routine – instaurare una relazione non giudicante con l3 utenti… da un progetto gestito da volontari3 nasce un modello che rivoluziona il modo di fare prevenzione.
2010
Iniziano gli studi che dimostreranno il rischio ZERO, provando che una persona HIV positiva in efficace trattamento antiretrovirale, quando raggiunge una carica virale minore di 200copie per millilitro di sangue, corre un rischio pari allo ZERO di trasmettere il virus. Parte lo studio PARTNER, a cui seguiranno l’HPTN 052, lo studio PARTNER2 e Opposites Attract: a fronte di centinaia di migliaia di rapporti sessuali all’interno di migliaia di coppie siero-discordanti (dove cioè unə partner è HIV negativə e l’altrə è HIV positivə in terapia efficace) non viene registrata nessuna trasmissione.
Dietro un successo della scienza c’è di nuovo l’instancabile lavoro della comunità e dell’attivismo internazionale, che per anni esercita pressione sul mondo della ricerca, accomodata sino a quel momento su un insoddisfacente rischio “prossimo” allo zero. Sostenendo, motivando e difendendo da un iniziale ostracismo l3 prim3 ricercator3 che scommettono su questi studi, la community ottiene uno degli strumenti più efficaci nella lotta alla sierofobia.
Tra le campagne che diffonderanno questa rivoluzionaria notizia nel mondo ricordiamo l’internazionale #UequalsU “Undetectable Equals Untrasmittable” della Prevention Access Campaign, e la più recente #ImpossibileSbagliare nata dall’impegno di tutta la community italiana.
* UequalsU
* ZERO trasmissions mean ZERO risk
2023
L’Italia rende finalmente disponibile la PreP in gratuità. Allineandosi alla maggior parte d’Europa le associazioni che si occupano di HIV e diritti LGBTQIA+ ottengono la rimborsabilità per la terapia preventiva all’HIV. Dal 2023 la prevenzione non è più un privilegio, e anche le persone più vulnerabili, tra cui giovani e persone che vivono in contesti socio-economici svantaggiati, possono accedere al protocollo PrEP e gli screening gratuiti ad esso associati.
Una vittoria storica, a cui dovranno seguirne altrettante: troppi i servizi PreP che ancora oggi si basano più sulla volontà del singolo specialista che su servizi strutturati messi in campo dalle istituzioni sanitarie, troppe le province in cui l’accesso alla PrEP rimane complicatissimo o un miraggio. La sfida aperta sul domani è invece che sia disponibile capillarmente su tutti i territori e per tutte le persone che ne faranno richiesta.
DOMANI
Conoscere la storia e l’evoluzione del movimento HIV permette di capire come e perché nasce la peer education, come avere relazioni virtuose con le istituzioni o quando agire il conflitto, e in che modo la comunità LGBTQIA+ ha saputo prendersi cura di se stessa e della salute sessuale collettiva allo stesso tempo.
E la storia di queste battaglie illumina quelle di domani:
95- 95-95 è l’ambizioso target del programma FAST TRACK delle Nazioni Unite, che entro il 2030 punta a che il 95% delle persone che vive con HIV conosca il suo stato sierologico,che il 95% di queste inizi la terapia antiretrovirale e che il 95% di queste raggiunga attraverso l’aderenza alla terapia la soppressione della viremia.
Raggiungere questo obiettivo significherebbe evitare oltre 21 milioni di morti per AIDS e per ogni singolo paese del pianeta accelerare la risposta all’epidemia. Purtroppo il trend internazionale racconta piuttosto una dismissione dei servizi pubblici, e non gli stanziamenti ai servizi virtuosi, le nuove campagne e il coinvolgimento della community che servirebbero.
“Abbiamo solo una finestra di cinque anni per assicurarci che il mondo imbocchi la strada giusta per porre fine all’epidemia di AIDS. Cogliere questa opportunità per accelerare la risposta all’HIV salverà milioni di vite. I costi di una mancata risposta sono impensabili”.
Michel Sidibé, Direttore esecutivo di UNAIDS
*https://www.unaids.org/sites/default/files/media_asset/201506_JC2743_Understanding_FastTrack_en.pdf
Per fermare la catena dei contagi abbiamo bisogno a tutti i costi di normalizzare la routine dello screening. Sapere di poterlo fare gratuitamente e dove farlo è un diritto di tutte le persone, difendiamolo. Lo sappiamo: essere capillari, anche con campagne a tappeto, è l’unico modo per trasformare questo gesto in qualcosa di scontato per chiunque abbia una vita sessuale attiva.
Gli interventi di educazione sessuale e all’affettività hanno dimostrato di abbassare le nuove infezioni e trasformare l’epidemiologia di tutte le altre infezioni. E a dispetto di quanto paventato da alcune parti politiche, non si traducono nell’aumento o diminuzione delle pratiche sessuali, ma solo in un maggiore grado di benessere sessuale e consapevolezza. La conoscenza è potere. Questo è vero ovunque, nei paesi del Sud Globale come in Italia, fanalino di coda d’Europa su questo fronte. Esigiamo l’accesso alle informazioni e alla formazione.
Il contrasto alla sierofobia è un passaggio imprescindibile nella lotta all’epidemia. Per cambiare la narrazione giudicante che colpisce le persone che vivono con HIV, ma anche quelle che intraprendono un percorso di PrEP, evitiamo la retorica e costruiamo più azioni concrete. Apriamo spazi liberi di confronto liberi dal tabù, supportiamo i percorsi di visibilità delle persone che vivono con HIV.
sierocoinvolt3 lo siamo tutt3
sieroqualcosa lo siamo tutt3
La storia dell’HIV è costellata di momenti di grande sperimentazione politica: ispiriamoci, superiamoci. ACT UP e altri movimenti di disobbedienza civile pre-internet hanno collaudato forme di protesta inedite e innovato completamente il modo di fare comunicazione. Per rompere il silenzio attorno all’HIV e denunciare le responsabilità di chi sta gestendo l’epidemia inventiamone di altre, ce n’è ancora bisogno.
E LA CURA DOV’È?
Non smettiamo di cercarla.