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BURNOUT

A scuola e sul lavoro più alta la probabilità per le persone LGBTQIA+

Quanto incidono orientamento sessuale e identità di genere sulle probabilità di finire in burnout? SPOILER: parecchio. Sempre più studi e ricerche lo confermano.

Ricerche effettuate in paesi diversi del mondo mettono a fuoco risultati simili: la salute mentale delle persone etero e cisgender a scuola e sul lavoro statisticamente è colpita meno negativamente rispetto a quella delle persone LGBTQIA+. 

E quando allo stress di minoranza, legato a genere e orientamento, si intersecano condizioni croniche, disabilità, o si guarda alla salute mentale delle persone LGBTQIA+ razzializzate, le probabilità di fare esperienza di burnout aumentano esponenzialmente.

Dalle indagini degli ultimi anni emerge anche quanto venga associato a una salute mentale negativa il solo vivere pubblicamente e apertamente il proprio orientamento e genere, o raccontare un eventuale percorso di transizione di genere sul posto di lavoro o a scuola.

Alcuni studi dell’AAMC (Associazione Americana dei College Medici) sottolineano come interventi volti alla prevenzione dello specifico burnout delle persone LGBTQIA+ non solo avrebbero effetti sulla qualità di vita di student3 e professionist3, o sulla loro capacità di studio o concentrazione, ma creerebbero virtuosamente servizi più inclusivi, più attenti e intersezionali.

Sul piano personale per prevenire un crollo imparare a riconoscere quando le nostre energie si stanno esaurendo può fare la differenza, così come il ricordarci di non ridurre il burnout ad una propria responsabilità: il burnout è il risultato di qualcosa che ci è stato attribuito dall’esterno, quindi è più che valido chiedere aiuto, rivolgersi a professionisti, alla propria comunità e alle associazioni. 

Il burnout resta un fenomeno generalmente sottovalutato, e soprattutto quando si somma ad altri stress di minoranza, abbiamo bisogno di interventi specifici e mirati, sia negli ambienti di lavoro che nelle scuole.